bianco mangiare

 1 aprile 2003  oliopepesale.com

Bianco Mangiare è un termine che caratterizza diversi piatti, anche piuttosto diversi, accomunati però dal candore degli ingredienti usati: latte, panna, latte di mandorle, zucchero, petto di pollame, riso, pesce. Questo articolo percorre la storia della ricetta, dal Medioevo ai giorni nostri.


L’origine del piatto è medievale1: lo storico spagnolo Antoni Riera-Melis ci dice che il menjar blanc, una zuppa spessa di semola di riso, carne di gallina, latte di mandorle e zucchero viene citato nel Libre de Sent Sovì, il più importante ricettario di cucina catalana medievale. Il piatto importava de el-Andalus e dal mondo arabo riso e zucchero e si sarebbe diffuso in Italia alla metà del XIV secolo.

XV secolo: Maestro Martino

Nel XV secolo Maestro Martino codifica varie ricette di bianco mangiare nel suo Libro de Arte Coquinaria2, eccone due:

bianco mangiare sopra caponi: Per farne dudici menestre: togli doi libre de amandole, et pistale molto bene. Et acciò che siano più bianche tenile a moglio un dì et una nocte in acqua frescha. Et dapoi pistale molto bene, et quando sonno piste ponile un pocha d’acqua frescha accioché non facciano olio. Dapoi togli un petto di cappone et pistalo con le ditte amandole, et togli la mollica d’un pane biancho, et mittila a moglio in brodo magro de cappone; et pistala con le dicte cose, et togli un pocho de agresto, meza oncia di zenzevero ben mondato acciò che sia biancho, et meza libra o più de zuccharo; et distempera tutte queste cose con brodo magro di cappone, et passate per la stamegnia in una pignatta ben netta, et poni la ditta pignatta sopra la brascia longi dal focho menandola spesse volte col cocchiaro, et lassali cocere per spatio de meza hora, et quando è cotta mectevi tre oncie de bona acqua rosata. Et poi fa’ le menestre, overo copri il cappone o altra volatile che se sia de la ditta vivanda; et mandata ad tavola. Et se tu ne copri il cappone, per più bellezza ponili di sopra paricchi grani de poma

bianco mangiare a la catelana: Piglia doi bocchali di lacte de capra, et octo oncie di farina de riso ben fina, et ponila a boglire nel dicto lacte. Dapoi piglia il petto di un cappone morto quello medesimo dì, et che sia mezo cotto, et deffila tutto questo pecto sottilmente come capegli, et dapoi mittilo nel mottale et non gli dare se no doi tracti del pistone. Dapoi quando lo lacte ha bollito meza hora, gectavi dentro lo dicto pecto così sfilato con una libra de zuccharo, et lassalo bollire per spatio de quattro hore vel circha; et questa cosa vole essere menata continuamente col cocchiaro dal principio infine a la fine. Et per cognoscere quando ella è cotta, tira el cocchiaro et parerà che sia vischio. Et dapoi ponegli dell’acqua rosata como è ditto di sopra; et fa’ le menestre, sopra le quali metterai un pocho di zuccharo; et dapoi mandate ad tavola.

XVI secolo: le comunità ebraiche

A fine ‘500 abbiamo tracce di un’altra versione di bianco mangiare, il mandel reis, nei conviti ebraici delle comunità di origine ashkenazita: è un dolce a base di mandorle e riso, cotto in latte e zucchero, ed è uno dei piatti caratteristici dello Shavuot, la Pentecoste.

XVI secolo: Panunto Toscano

Francesco Gaudenzio, gesuita toscano nato nel 1648, nel suo Panunto3 ci dà la sua versione del bianco mangiare: brodo e pollo sono ormai spariti, al riso si può alternare l’amido, e dell’acqua di rose resta solo un leggero profumo nelle scodelle. Ma comincia a farsi strada la possibilità di friggere la crema:

Per venti persone piglierai una libra e mezza di farina di riso, oppure due libre e mezza di farina d’amido, due bocali di latte fresco o d’amandole cavato da numero, quindici once di dette mandorle. Stemperale conforme hai fatto con la minestra di riso; cioè di farina di riso, mettici detto latte, e fallo cuocere nelle bragie a fuoco lento sempre mescolando. Quando sarà alquanto indurito, ci metterei due libre di zuccaro bianco ben pulito e per conoscere quando sarà cotto, bagnarai un piatto con acqua fredda e ce ne metterai un poco alla grossezza d’una nocchia e se, toccandola col dito, lo sentirai molle, è segno che non è cotto, ma se, rivoltandolo nel piatto, si addensa e s’appallotta, all’hora sarà a perfettione. Circa il sale, ve ne potrai mettere una mezz’oncia scarza e se fosse troppo duro che non si potesse maneggiare, ci metterai un poco d’acqua calda. Habbi poi per bagnar le scudelle o piatti un poco d’acqua rosa e valla versando da uno nell’altro acciò restino bagnati e piglino l’odore e quando sarà cotto a perfettione, ci metterai dentro il bianco magnare ove lo lascierai raffreddare e poi lo caverai intiero o in pezzi, come vuoi, e se haverai alcune stampe lavorate, ve lo potrai metterai come hai fatto ne piatti e fanne vari adornamenti. E se di detto bianco magnare, ne volessi friggere un poco quando sarà raffreddato, lo taglierai in fette a guisa d’animelle. Infarinale e indorale con ova sbattute e friggele con strutto, olio o butiro ben caldo e lo darai in tavola con zuccaro et acqua rosa sopra.

oggi

Il ruolo di dolce si è consolidato in differenti versioni; nel mondo arabo, ad esempio, si chiama muhallabia; ecco invece una ricetta italiana, dalla Val d’Aosta4 che usa la colla di pesce quale addensante:

bianco mangiare valdostano, per 6-8 persone
un litro di panna da dolci, una stecca di vaniglia, sei cucchiai di zucchero, cinque fogli di colla di pesce
Con due cucchiai di zucchero caramellare uno stampo rettangolare lasciando poi raffreddare. Scaldare a fuoco basso, sempre mescolando, la panna liquida con quattro cucchiai di zucchero, la stecca di vaniglia e la colla di pesce, precedentemente ammollata in acqua tiepida. Appena la colla si sarà sciolta completamente, togliere la stecca di vaniglia e versare la crema nello stampo caramellato. Metterlo in frigorifero per qualche ora. Capovolgere lo stampo su di un piatto e accompagnare con biscottini secchi (tegole di Aosta) o a frutti di bosco freschi oppure sciroppati.

Questo articolo è stato originalmente pubblicato su oliopepesale.com, primo portale in Italia di gastronomia, con guida ai ristoranti, pubblicazioni dell'Accademia Italiana della Cucina e articoli di storia della cucina, ricette, alimentazione. Assaporami ringrazia gli autori per la disponibilità a pubblicare qui numerosi articoli del prezioso archivio.

Bibliografia:

  1. Massimo Montanari editor, Il Mondo in Cucina, Bologna, Laterza, 2002 

  2. Luigi Ballerini e Jeremy Parzen, eds., Maestro Martino - Libro de Arte Coquinaria, Milano, Guido Tommasi Editore, 2001 

  3. Francesco Gaudentio, Il Panunto Toscano, Guido Gianni ed., Roma, Trevi, 1974 

  4. Ricettario Nazionale delle Cucine Regionali Italiane - Valle d’Aosta, Accademia Italiana della Cucina, 1992 


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